martedì 13 settembre 2011

TITO LUCREZIO CARO (98 a.c. - 54 a.c.) "DE RERUM NATURA" (V, versi 222 - 227)



        Ed ecco il fanciullo,
come un naufrago buttato a riva
        dalle onde infuriate,
        giace nudo sul suolo, incapace di parlare,
         bisognoso d’ogni aiuto vitale
       appena la natura lo getta
        sulle prode della vita, 
   con doglie del grembo materno,
        e riempie lo spazio d’un disperato vagire,
        come è giusto che faccia
        colui cui in vita è serbato
         il passare per tante sventure.

2 commenti:

NERO_CATRAME ha detto...

l'eterno frutto del peccato.

Marta ha detto...

e chissà se ha percepito sin da quel momento il lento fluire delle sue sventure.