Ciò
che continua a sorprendermi è vedere, ogni mattina, miliardi di uomini
accettare di vivere un nuovo giorno. Senza un preciso motivo.
Come
se vivere fosse obbligatorio.
Perché
è così difficile togliersi la vita?
Per
il senso di colpa religioso?
Per
il senso di responsabilità verso gli altri?
Per
la mancanza di coraggio?
Forse,
siamo semplicemente stati progettati così. Per funzionare comunque, almeno per
un po’. Le macchine non decidono di smettere di funzionare volontariamente.
Le
macchine umane, al contrario, possono scegliere. Sono dotate di
un’applicazione che permette loro di
farlo. Una lavatrice non sa che sta lavando degli indumenti. Lo fa e basta. La
macchina umana sa che sta respirando, che sta andando al lavoro anche se non ne
ha voglia, che fa l’amore con un’altra macchina umana, che sta scalando una
montagna o sta facendo la fila per i saldi, ma non sa il perché.
Questo
mancanza di motivo dovrebbe, in teoria, bloccare tutto il meccanismo e far
smettere di funzionare la macchina umana.
Non
è così.
Nonostante
questa applicazione, che alcuni chiamano coscienza, continui ad emettere un bip
di allarme nel loro sistema di controllo, le macchine umane non si fermano.
Continuano a ignorare gli allarmi antincendio e a camminare nel fuoco fino
all’autodistruzione. La lavatrice può bruciare senza sentire dolore. La
macchina umana no. Eppure lo accetta, dando a questo il nome di fato, destino,
predestinazione. Illudendosi che il dolore abbia uno scopo.
La
app “coscienza” non è mai piaciuta molto alla macchina umana, ma le è
impossibile liberarsene. Con il tempo, però, ci si abitua alla sua voce, fino a
non sentirla più. Come una radio che rimane accesa tutto il giorno e trasmette
sempre le stesse canzoni. All’inizio ti piace ascoltarle, poi iniziano ad
annoiarti e, infine, ti abitui e non le senti più, anche se la radio continua a
trasmetterle senza sosta.
La
macchina umana ha capito che è solo in questo modo che riesce, ogni mattina,
nell’incosciente impresa di alzarsi dal letto, andare al lavoro, arrabbiarsi,
litigare, innamorarsi, illudersi, ridere, piangere, mangiare, addormentarsi,
desiderare, soffrire e anche godere, a volte. E’ solo in questo modo che può
scientemente andare incontro alla morte sicura attraversando l’insicuro e
insensato sentiero dell’esistenza. Solo così può dimenticarsi che la vita non è
obbligatoria.
A
meno che qualcuno ci spieghi perché lo è, senza dover ricorrere alla fiabe.
3 commenti:
La tua ammiratrice:
ti auguro meritate vacanze in toale relax......
ricorda:"chi ha un perchè per vivere può sopportare quasi ogni come."
( Friedrich Nietzsche) e tu hai la scrittura continua..............ciao
Ciao e buone vacanze anche a Te, misteriosa lettrice...
La vita non è obbligatoria ... Però circa due o tre giorni in un arco di vent'anni sono proprio fighi. E uno si basa su quelli. Chissà perché. Siamo obbligati ad essere felici e finché non ci riusciamo andiamo avanti. Siamo creduloni, vogliamo incassare l'assegno a fine partita. Poveri noi.
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