A un certo punto accadde questo.
Era un giorno qualsiasi di tre
milioni e cinquecento mila anni fa. Circa.
A quel tempo tutti i giorni erano
giorni qualsiasi. Un po’ come oggi. Circa.
Piovigginava. Non che la cosa
avesse a quel tempo grande importanza. Il concetto di week end era ancora di là
da venire. Sarebbero state le due e trentuno post meridiane se qualcuno avesse
avuto un orologio.
Pare che fosse mercoledì, ma si
presume che anche questo particolare non sia di nessuna importanza.
Ciò che accadde fu che uno
scimmione, uno di quelli meno giocherelloni, che amava starsene di tanto in
tanto in disparte a spulciarsi da solo, si rese conto di essere uno scimmione.
Come lo capì resta tuttora un mistero. Lo capì e basta. Se ne rese conto. O,
come dicono quelli che vogliono apparire più intelligenti di quello che in
realtà sono, prese coscienza di sé. Da quel giorno il povero scimmione non ebbe
più pace.
Un secondo dopo la presa di
coscienza, cominciò a guardarsi intorno, a vedere il mondo con altri occhi, e
dopo qualche secondo ancora, formulò a sé stesso la domanda maledetta.
“Perché?”
Ovviamente non trovò la risposta,
ma non perché era solo una scimmia spaventata. Il fatto che ancora oggi, dopo
tre milioni e cinquecentomila anni, la risposta non sia stata trovata e si è
dovuti ricorrere all’invenzione della religione per darci una risposta
qualsiasi, senza se e senza ma per toglierci il pensiero, fa sorgere il dubbio
ad alcuni uomini, sprovveduti di provvidenza che si ostinano a pensare in modalità
indipendente, che i casi sono due. O la risposta non c’è o non sarà mai
accessibile a noi.
Fortunatamente, il primo
scimmione pensante, che d’ora in avanti, per non continuare a ripetere la
parola scimmione, che risulta anche un po’ offensiva, chiameremo con un nome di
fantasia scelto a caso, ad esempio, Adamo (chissà perché proprio Adamo,
comunque ormai è fatta) non lesse mai nessun testo sacro. Nel qual caso avrebbe
appreso che il mondo in cui viveva sarebbe stato creato da Dio solo tre milioni
e quattrocentonovantacinquemila anni dopo quel giorno. E avrebbe anche saputo
che il dodicesimo giorno della creazione la terra avrebbe iniziato a produrre
germogli, erbe che producono seme, ciascuna secondo la propria specie e alberi
che avrebbero fatto frutto con il seme, secondo la propria specie. Sarebbe
rimasto molto perplesso perché avrebbe probabilmente letto quelle parole all’ombra
di un gingko biloba e avrebbe pensato: “Ma io sono già sotto un albero!”.
Adamo, buon per lui, non sapeva certo leggere e quindi si atteneva ai fatti.
Lui era già lì e con lui molti altri come lui. Cercò di rivolgere la maledetta
domanda ai suoi simili ma non sapeva come si pronunciasse e finì per essere
considerato un molesto disturbatore con tutto quel suo gridare incomprensibile.
Cominciarono a prenderlo a sassate per allontanarlo. A quei tempi il peccato
non era ancora stato inventato e chiunque poteva scagliare pietre senza per
questo sentirsi in colpa. Così, mentre gli altri australopitechi si dedicavano alla
produzione dei primi manufatti tecnologici (in pratica scheggiavano selci) guadagnandosi
la promozione ad homo habilis, lui se ne andava in giro tutto il giorno a
curiosare e guardare per aria senza fare mai qualcosa di costruttivo e
sperperando la sua già breve esistenza alla ricerca di una spiegazione. Adamo
fu il primo filosofo della razza umana ma per i contemporanei era solo lo scemo
del villaggio. Del resto sappiamo bene come le menti più eccelse sono spesso
condannate alla fama postuma. Fortunatamente, o no (dipende dai punti di vista)
l’evoluzione umana fece il suo corso. I figli dei figli di Adamo cominciarono a
drizzarsi sulla schiena con la conseguenza di avere mani un po’ meno rovinate e
spine dorsali inevitabilmente condannate a dolorosissime ernie. Cominciarono
anche a perdere i peli senza preoccuparsi di doverli sostituire con altri. Le
pareti delle loro caverne furono incise e imbrattate di segni incomprensibili
che col tempo divennero sempre più comprensibili a tutti, diventando scrittura.
(Cosa non ancora avvenuta per i disegni moderni sui vagoni di treni e
metropolitane). L’uomo era finalmente diventato sapiens. Non che sapesse granchè.
Solo quello che gli serviva per sopravvivere. Quindi, a ben vedere, tutto. Tranne
una cosa. La maledetta risposta a quella maledettissima domanda. Come dice il
proverbio aveva perso il pelo ma non il vizio di farsela, di tanto in tanto. E
come sappiamo i vizi non portano a nulla di buono.
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