martedì 2 settembre 2014

ADAMO


A un certo punto accadde questo.
Era un giorno qualsiasi di tre milioni e cinquecento mila anni fa. Circa.
A quel tempo tutti i giorni erano giorni qualsiasi. Un po’ come oggi. Circa.
Piovigginava. Non che la cosa avesse a quel tempo grande importanza. Il concetto di week end era ancora di là da venire. Sarebbero state le due e trentuno post meridiane se qualcuno avesse avuto un orologio.
Pare che fosse mercoledì, ma si presume che anche questo particolare non sia di nessuna importanza.
Ciò che accadde fu che uno scimmione, uno di quelli meno giocherelloni, che amava starsene di tanto in tanto in disparte a spulciarsi da solo, si rese conto di essere uno scimmione. Come lo capì resta tuttora un mistero. Lo capì e basta. Se ne rese conto. O, come dicono quelli che vogliono apparire più intelligenti di quello che in realtà sono, prese coscienza di sé. Da quel giorno il povero scimmione non ebbe più pace.
Un secondo dopo la presa di coscienza, cominciò a guardarsi intorno, a vedere il mondo con altri occhi, e dopo qualche secondo ancora, formulò a sé stesso la domanda maledetta. “Perché?”
Ovviamente non trovò la risposta, ma non perché era solo una scimmia spaventata. Il fatto che ancora oggi, dopo tre milioni e cinquecentomila anni, la risposta non sia stata trovata e si è dovuti ricorrere all’invenzione della religione per darci una risposta qualsiasi, senza se e senza ma per toglierci il pensiero, fa sorgere il dubbio ad alcuni uomini, sprovveduti di provvidenza che si ostinano a pensare in modalità indipendente, che i casi sono due. O la risposta non c’è o non sarà mai accessibile a noi.
Fortunatamente, il primo scimmione pensante, che d’ora in avanti, per non continuare a ripetere la parola scimmione, che risulta anche un po’ offensiva, chiameremo con un nome di fantasia scelto a caso, ad esempio, Adamo (chissà perché proprio Adamo, comunque ormai è fatta) non lesse mai nessun testo sacro. Nel qual caso avrebbe appreso che il mondo in cui viveva sarebbe stato creato da Dio solo tre milioni e quattrocentonovantacinquemila anni dopo quel giorno. E avrebbe anche saputo che il dodicesimo giorno della creazione la terra avrebbe iniziato a produrre germogli, erbe che producono seme, ciascuna secondo la propria specie e alberi che avrebbero fatto frutto con il seme, secondo la propria specie. Sarebbe rimasto molto perplesso perché avrebbe probabilmente letto quelle parole all’ombra di un gingko biloba e avrebbe pensato: “Ma io sono già sotto un albero!”. Adamo, buon per lui, non sapeva certo leggere e quindi si atteneva ai fatti. Lui era già lì e con lui molti altri come lui. Cercò di rivolgere la maledetta domanda ai suoi simili ma non sapeva come si pronunciasse e finì per essere considerato un molesto disturbatore con tutto quel suo gridare incomprensibile. Cominciarono a prenderlo a sassate per allontanarlo. A quei tempi il peccato non era ancora stato inventato e chiunque poteva scagliare pietre senza per questo sentirsi in colpa. Così, mentre gli  altri australopitechi si dedicavano alla produzione dei primi manufatti tecnologici (in pratica scheggiavano selci) guadagnandosi la promozione ad homo habilis, lui se ne andava in giro tutto il giorno a curiosare e guardare per aria senza fare mai qualcosa di costruttivo e sperperando la sua già breve esistenza alla ricerca di una spiegazione. Adamo fu il primo filosofo della razza umana ma per i contemporanei era solo lo scemo del villaggio. Del resto sappiamo bene come le menti più eccelse sono spesso condannate alla fama postuma. Fortunatamente, o no (dipende dai punti di vista) l’evoluzione umana fece il suo corso. I figli dei figli di Adamo cominciarono a drizzarsi sulla schiena con la conseguenza di avere mani un po’ meno rovinate e spine dorsali inevitabilmente condannate a dolorosissime ernie. Cominciarono anche a perdere i peli senza preoccuparsi di doverli sostituire con altri. Le pareti delle loro caverne furono incise e imbrattate di segni incomprensibili che col tempo divennero sempre più comprensibili a tutti, diventando scrittura. (Cosa non ancora avvenuta per i disegni moderni sui vagoni di treni e metropolitane). L’uomo era finalmente diventato sapiens. Non che sapesse granchè. Solo quello che gli serviva per sopravvivere. Quindi, a ben vedere, tutto. Tranne una cosa. La maledetta risposta a quella maledettissima domanda. Come dice il proverbio aveva perso il pelo ma non il vizio di farsela, di tanto in tanto. E come sappiamo i vizi non portano a nulla di buono.




1 commento:

Pierluigi ha detto...
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