sabato 3 agosto 2013

LUI VOLEVA TORNARE


Lui voleva tornare. Era un desiderio che aveva da sempre. Fin dal giorno in cui fu partorito. Tutta la sua vita fu soffocata da questo bisogno. Non capiva il perché. Era nato nel paese in cui aveva sempre vissuto e aveva sempre abitato nella stessa casa in cui era nato. Lavorava nel campo che la circondava e non si era mai mosso da lì. Non aveva amici, non aveva una donna. Gli piaceva stare solo. Non si era mai ammalato e non aveva mai lasciato il paese neppure per andare all’ospedale. Da dove usciva questo angoscioso bisogno di tornare? Tornare dove? Pensò di essere, almeno in parte, pazzo. Come se una parte del suo cervello si fosse guastata e avesse creato nella sua memoria un desiderio non suo o comunque non corretto. Un impulso abortito, nato per sbaglio, tirato fuori dall’archivio prima che ce ne fosse la necessità.  Un effetto senza causa. Un errore di programma. Come avere desiderio di mangiare senza mai avere avuto fame. Come l’apparizione della Madonna in un luogo disabitato. Un desiderio senza senso che sarebbe piaciuto a Ionesco.  Pensò di essere, almeno in parte, alieno. Guardava il cielo di notte. Era lì che voleva tornare? Era da uno di quei puntini illuminati che era arrivato? Li osservava per ore sperando di essere preso da un sentimento di nostalgia che giustificasse quel cancro che gli stava devastando il cervello. Ma niente. Il cielo era il cielo, la notte era la notte e le stelle erano le stelle. Che stessero pure dov’erano. Non provava nessuna malinconia di viaggiatore sperduto. Pensò di avere, almeno in parte, perso la memoria. Di voler tornare dal luogo da dove era arrivato ma si era scordato qual era. Forse non aveva sempre vissuto lì. Si era solo dimenticato da dove era venuto. Nessuno poteva aiutarlo a ricordare. Decise, anche se ormai vecchio, di partire. Non importava dove. Spese tutti i soldi guadagnati nella sua vita stanziale e iniziò a visitare qualsiasi parte del mondo, sperando che la vista di un paesaggio, di una casa, di un albero, di una persona, di un cartello oppure un profumo, un odore, un sapore, una parola gli squarciasse il velo dell’oblio. Chi lo incontrava non poteva che rimanere stupito nel vedere un uomo di quell’età calpestare la sabbia del deserto della Namibia, arrancare alle pendici dell’Hindu Kush, vagare tra le case abbandonate del paese di Craco, passeggiare per le strade deserte di Beverly Hills o scrutare i volti delle persone sulle metropolitane di tutto il mondo. Finiti i soldi ritornò dall’ultimo viaggio avvilito e rassegnato, senza che quell’atroce desiderio di tornare senza sapere dove avesse mai cessato di martellargli le meningi. Dovette vendere anche la casa e svuotando i cassetti di un vecchio mobile trovò la risposta che aveva cercato per tutta la vita in tutti gli angoli del mondo. Era sempre stata lì con lui. Chiusa in quel cassetto. Era una fotografia di sua madre incinta del suo unico figlio. Sorrideva all’obbiettivo accarezzandosi il pancione. Era lì che lui voleva da sempre tornare. Fin dal giorno in cui fu partorito. Si spogliò. Riempì la vasca da bagno di acqua tiepida,  vi si immerse con calma rannicchiandosi in posizione fetale e per la prima e ultima volta nella sua vita si addormentò senza pensieri.

3 commenti:

Pierluigi ha detto...

Chissà se la madre è disposta ad accogliere e perdonare il fiore avvizzito...

NERO_CATRAME ha detto...

pffff...che angoscia, pensavo avesse scordato il gas acceso.

fracatz ha detto...

pensa che sarebbe successo se il tormentone piùttosto che il tornare fosse stato il venire