mercoledì 13 gennaio 2010

LA NOTTE CHE NON VENNE IL GIORNO



La notte che non venne giorno, tutti scendemmo in strada a guardare in su, spaventati.
Il cielo si era spento.
Nonostante non ci fossero nuvole, la luna e le sue stelle non brillavano.
Guardammo a est, aspettando che il sole sorgesse. 
Ma non ci fu nessuna alba.
Il sole non si svegliò e il nuovo giorno non nacque.
Per scacciare la paura, qualcuno cominciò a cantare e tutti noi lo seguimmo.
Stranamente, nessuno pensò ad accendere un fuoco o una semplice lampadina.
Le pupille cominciarono a dilatarsi, diventando fino a sei volte più grandi.
Gli occhi delle donne sembravano quelli di bellissimi gatti.
Al buio, cominciavamo a tornare a vedere.
Forse, per la prima volta.
Ci sembrò persino di intuire, dietro quello schermo nero che era diventato il cielo,
un sorriso largo come l’universo.
Vivere nel buio non era poi così terrificante.
Nessuno stava più in casa.
Quando ci si incontrava, ci si guardava bene in faccia.
Ci si toccava, ci si annusava, per riconoscersi meglio.
Si scoprivano, nelle cose come nelle persone, particolari che, alla luce del sole, ci erano sempre sfuggiti.
La notte che non venne giorno, capimmo che non sempre la luce ci mostra le cose per come sono realmente.
A volte, quando è troppo forte, ci acceca e ce le nasconde.
La notte che non venne giorno, capimmo che al buio, a volte, si vede meglio.
Le ombre spariscono, i colori non ingannano e tutto è più nudo e più vero.
La notte che poi venne giorno ci trovò un po’ cambiati.







1 commento:

Emanuele Macca ha detto...

Inquietantemente mistico!